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Libro o e-book? La lezione dei cervi

§ dicembre 12th, 2011 § Filed under Book, Education, Research § Tagged , , , , , , , , , § 5 Comments

Il 2011 è stato un anno chiave nell’equilibrio dei rapporti tra libri e e-book: a febbraio, per la prima volta, gli ebook sono diventati la categoria di libri più venduta nel mercato americano superando i tascabili. Secondo la Association of American Publishers questo sorpasso è avvenuto non a caso dopo le feste, che sono sempre un’ottima occasione per introdurre nuove tecnologie e nuove abitudini di consumo grazie ai regali di Natale.  Il fenomeno inoltre non riguarda solo il mercato americano: anche in UK Quercus, la casa editrice della trilogia di Larsson, ha dichiarato di attendere il 10% degli incassi nel 2011 proprio dagli ebook.

Dobbiamo quindi prepararci ad assistere al lento ma inesorabile declino dell’oggetto libro? Personalmente credo che i libri, vedendo arrivare una nuova specie nel loro regno, impareranno ad evolversi adattandosi ai mutamenti circostanti: il darwinismo non vale solo per il regno animale e vegetale, ma anche per i media. Proprio un esempio di Darwin, ovvero l’evoluzione nel tempo dei cervi maschi finalizzata alla seduzione, può aiutarci a capire un’attuale tendenza del marketing editoriale.

Come infatti i cervi maschi per aumentare l’attrattiva esercitata sulle femmine hanno dovuto sviluppare dei palchi (corna) tanto ingombanti da sembrare quasi in contrasto con la sopravvivenza individuale, così la seduzione del vecchio libro verso il suo nuovo lettore sembra affidarsi al potenziamento di un ornamento che l’ebook non può eguagliare: la copertina.

Un interessante articolo del Guardian evidenzia che quest’anno, per la prima volta, il vincitore del Booker Prize ha ringraziato la “book designer” per avere trasformato la sua storia in un bell’oggetto. Sembra che questo gesto di Julian Barnes, mettendo il book designer allo stesso livello di un editore e di un agente, abbia simbolicamente sdoganato la legittimità di giudicare un libro dalla e per la sua copertina. La tendenza sarebbe quella di prestare almeno la stessa attenzione alla forma che al contenuto? Pare di sì a giudicare dagli scaffali delle librerie anglosassoni, dove nell’ultimo anno si sono viste incisioni su legno e lino da parte della Faber per i classici della poesia, fascette dorate attorno alla nuova biografia su Dickens che rendono il libro già pronto per in Natale mentre è ancora sugli scaffali, fino ai notevoli risguardi della Persephone Books in tessuto o cotone a seconda del materiale che meglio si adatta al tema del libro; inoltre la copertina diviene sempre più un modo per suggestionare il futuro lettore sul tipo di libro che andrà a leggere, come nel caso dell’edizione inglese di 1Q84 in cui non si capisce bene se siano una o due persone quelle che ci stanno guardando.

 

Insomma, se il contenuto libro sta diventando ormai intercambiabile tra la versione cartacea e quella digitale, allora diventa ancora più importante l’oggetto libro.

Non è mia intenzione catalogare ed esaurire le differenze principali tra i due formati, ma dopo avere tenuto in mano e ammirato un Kindle, mi sono resto conto di alcuni suoi limiti, che sono poi possibilità di darwiniana sopravvivenza per i libri:

la mancanza di fisicità  l’odore  il tatto sulle pagine  il colpo d’occhio di quanto ho letto  il colpo d’occhio di quanto mi manca  la possibilità di archiviarlo nella mia libreria il senso generale di quanto ho letto finora avere il piacere di mostrare agli altri che l’ho letto, che ce l’ho  fare nascere conversazioni per il fatto che è un oggetto presente tra noi  avere un’idea delle persone a partire da quello che leggono e quello che espongono  sbirciare per pura curiosità quello che leggono gli estranei sui mezzi di trasporto  la copertina

Quindi avremo copertine così belle e materiali così gratificanti da rendere il libro digitale inutile o secondario?

Certamente no: pare infatti che come la copertina per la sua stessa presenza possa essere un asso nella manica del libro tradizionale, così per la sua stessa assenza possa fare la fortuna di particolari generi letterari: in primis il romanzo rosa.

Rouge Romance, una collana di libri che si definisce “sexier, longier and 100% more romantic” vende più di una copia su dieci in formato digitale e il trend sta crescendo. Random House, la collana che li pubblica, ha infatti scoperto che i lettori di romanzi rosa sono stati tra i primi a passare agli e-book, tanto che addirittura un lettore su sette ne ha letto almeno uno durante l’anno. Mills & Boon, un’altra casa editrice specializzata in questo genere, pubblica circa cento e-book al mese, più di quanto faccia con la stampa tradizionale, e registra tra i maggiori successi di vendite di tutto il mercato.

Perché? Perché gli e-book risparmiano a questi lettori la seccatura di dovere nascondere la copertina (che, diciamolo, nella maggior parte dei casi sono immagini imbarazzanti di donne con la permanente avvinghiate a uomini villosi in scenari improbabili) quando sulla metro si incontrano persone come me che hanno il vizio di sbirciare e di potersi godere il proprio romanzo nel più completo anonimato.

Certo, questo non è sicuramente l’unico motivo che porta al successo del formato digitale, ma come dice il direttore di Mills & Boon “ebooks are an especially good fit for erotic romance because women (and men) can buy them in the privacy of their own homes. Now, with ebook readers, our readers also can read their books in public without anyone knowing what they are reading”.

Una rapida ricerca su google immagini ci regala queste notevoli copertine della Mills&Boon, che avremo la fortuna di sbirciare sempre meno in futuro:

 

Insomma, probabilmente siamo molto orgogliosi di mostrare in giro che stiamo leggendo il vincitore dell’ultimo premio letterario e preferiamo regalare una copia accattivante se vogliamo fare colpo su qualcuno, ma abbiamo voglia di leggere anche libri meno prestigiosi, magari da scambiare di nascosto con chi condivide la stessa passione. Ed è proprio in questo confine tra l’esibizione e l’imbarazzo che il libro cartaceo e quello digitale trovano un terreno di convivenza e perfezionano la lezione dei cervi: per sedurre si ornano di palchi robusti e imponenti (size matters), ma poi sono capaci di toglierseli quando preferiscono non dare nell’occhio e godersela in santa pace.

Father&son

§ marzo 29th, 2009 § Filed under Research § Tagged , , , , § No Comments

Father&son

Da una ricerca di Pew Internet Project emerge che i genitori con figli minorenni hanno più probabilità di essere giocatori che non gli adulti senza figli.

Inoltre, se in generale gli adulti giocano preferibilmente con il computer, i genitori giocano anche con le console.

Infine “Younger parents are more likely than older parents to play games with their children. Four out of ten parents under age 40 (40%) play games with their children, compared with 25% of older parents.”

Fonte: www.pewinternet.org/Reports/2008/Adults-and-Video-Games.aspx

Anche i gamer hanno amici, e li influenzano

§ gennaio 24th, 2009 § Filed under Research § Tagged § No Comments

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Questo è quanto dichiara un’interessante ricerca americana realizzata da IGN e Ipsos e riportata da Marketingvox.

Sono due gli aspetti che emergono da “Are You Gamer” e che mi interessano di più:

  1. i gamer non sono “antisocial” e anzi sono individui attivi, sportivi, con molti interessi (cinema, musica…)
  2. i gamer sono il punto di riferimento, all’interno della loro cerchia di amici, per quanto riguarda i consumi tecnologici e per i consumi culturali (cinema, tv, musica).

Forse il primo aspetto può sembrare “ovvio”, ma è importante fare comprendere che il gaming non è un’attività solitaria – anzi, le persone amano la sfida in compagnia degli altri –  e non è un’attività da gente solitaria.

Anche perchè tale considerazione è la base per dare maggiore rilievo al secondo aspetto: i gamer sono degli influencer, più di quanto non lo siano i non giocatori, poichè sono attivi, curiosi, smanettoni, “propositori” di novità.

Dalla ricerca emergono come ambiti di influenza dei giocatori due settori dove il peso degli altri al momento dell’acquisto è importantissimo: nella tecnologia, dove molti hanno l’impressione di non sapere valutare fino in fondo i pro e i contro di un prodotto rispetto ai suoi competitor, e si ha bisogno per tanto del consiglio di un esperto in fase decisionale; nelle scelte di film, musica, programmi tv è invece importantissimo il passaparola, dato che la “pop culture” è un ingrediente fondamentale delle conversazioni tra amici.

Se Procter&Gamble ha creato un network di mamme influenti per generare passaparola con le altre mamme, se Sony fa provare in anteprima ai blogger i suoi prodotti per farli conoscere e capire ai loro lettori, come mai nessuno pensa ai gamer come target chiave nelle strategie di buzz marketing?

Forse perchè in Italia mancano ricerche come quelle americane in grado di fornire dati a supporto delle scelte di comunicazione e forse per una mancanza di cultura dell’utilizzo del gaming come veicolo di comunicazione: tema che, come si nota, mi sta molto a cuore :-)

Negli USA invece di recente si è avuto un segnale chiaro in questa direzione: la decisione di Obama di fare pubblicità anche all’interno di vari videogame (per Xbox) dimostra la volontà di intercettare con un mezzo innovativo un target ad alto potenziale di passaparola in prossimità della decisione di acquisto/voto.

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