Probabilmente quando qualcosa ti piace molto finisci per prestare attenzione solo a quello. Quindi non fate caso se ancora per un po’ pubblicherò esempi di game a 8-bit.
Qualche giorno fa ho trovato una campagna per educare i teenager all’uso del preservativo: un tema molto importante, che rischia però di risultare antipatico e quindi ottenere quasi l’effetto opposto, come succede ai concetti giusti detti in modo sbagliato. Non credo sia facile per le istituzioni e le agenzie creative trovare il linguaggio corretto per comunicare i concetti di una campagna sul sesso da minorenni ed esprimere questi concetti attraverso soluzioni media innovative per farsi notare: mi ricordo che alle superiori durante l’assemblea di istituto a noi avevano distribuito il fumetto di Lupo Alberto, che avevo svolto abbastanza bene il suo compito.
Cosa c’entrano i games? Il Leicestershire Teenage Pregnancy Partnership ha ideato un mini platform per mostrare quali sono i nemici e gli alleati quando si tratta di fare sesso con il proprio partner. Come nei giochi, per avere la soddisfazione di vincere bisogna superare alcune prove e metterci la testa. Il messaggio della campagna è “Have fun, stay safe“.
A me sembra semplice ed efficace, oltre ad essere un ulteriore esempio del fatto che i giochi sono un linguaggio efficace per esprimere anche concetti non ludici.
Primo, se avete voglia di rituffarvi nelle sensazioni di quando eravate più piccoli, potete andare su Nintendo8 e grazie a un emulatore giocare a Super Mario Brothers, a Bubble Bobble, o a Tetris con la vostra tastiera.
Oppure, se siete fan dei Linkin Park e volete vederli in 8 bit potete scaricare il loro gioco per iPhone e iPad “8-bit Ribellion“, sconfiggere acerrimi nemici, ascoltare alcuni successi in 8 bit e alla fine venire anche premiati con una nuova canzone del gruppo. Vendere musica oggi non è facile, ma questo mi sembra un modo molto divertente per vendere un’applicazione legata alla musica.
Infine, se come me siete fan delle avventure grafiche, se vi ritrovate in bagno a cantare i duetti di Glee con la spazzola in mano (facendo magari entrambe le voci) e se trovate che le annotations di Youtube siano geniali, allora vale la pena dare un’occhiata a 8-Bit Glee presente su Youtube. Si tratta di un gioco unofficial che consente di guidare il proprio personaggio attraverso diverse scelte, cliccando sui link presenti nel video e quindi di rivivere in diversi modi le storie della prima serie.
I giochi sembrano essere sempre più una sponda fondamentale per i prodotti dell’entertainment, un modo per approfondire l’esperienza e consolidare il legame con i propri contenuti preferiti, ma non occorre per forza pensare a soluzioni altamente innovative e sofisticate: a volte bastano 8 bit.
Grazie ai successi di numerosi social game, Farmville in primis, Facebook ha dimostrato di essere un’ottima piattaforma per la creazione e distribuzione di game che sappiano utilizzare la rete dei contatti e le meccaniche di un social-network. Su Invaders Den e in questo post ho riportato un’interessante riflessione dello sviluppatore di Farmville su queste meccaniche.
Davanti a questi successi, gli altri social-network non stanno fermi a guardare e soprattutto su Twitter si trovano alcuni esperimenti interessanti.
Il primo si ispira ai miei amati librigame, compagni di tante estati passate coi dadi, block notes e matita nel tentativo di aiutare lupo solitario. Mashable riporta infatti che John Peretti, co-fouder dell’Huffington Post, ha organizzato un game partendo dal suo feed. Prendendo una serie di decisioni (“accetti la sfida o vai in vacanza?”), associate a diversi link creati con bit.ly, si completa una mini avventura, sicuramente più basica rispetto a un libro game, ma anche con buone possibilità di creare rapide sfide tra amici, grazie al retweet.
Ovviamente su Friendfeed ci ha già pensato Adamo con il suo Dungeon in cui ogni scelta effettuata portava in una stanza diversa, con varie conseguenze.
Ecco un’immagine del gioco su Twitter:
Il secondo caso è invece addirittura un gioco sportivo. Il gioco si chiama Twirdie e utilizza gli analytics di Twitter per simulare una partita di golf. Per lanciare la pallina, occorre scrivere una parola in un box: un software rileva quante volte questa parola è stata scritta su Twitter nell’ultimo minuto e in base a questo numero determina la lunghezza del proprio colpo. Ovviamente all’inizio bisogna trovare parole che consentano di fare avvicinare il più rapidamente possibile la pallina alla buca e alla fine invece bisogna lavorare di precisione con parole poco citate.
Ingegnoso, vero? Anche perchè il gioco ti chiede di riflettere sulla popolarità di alcune parole, che possono anche cambiare nel tempo. Sono curioso di provare la parola “vuvuzelas”, e voi con cosa iniziereste?
Ultimamente si è parlato molto dello storico sorpasso di Facebook su Google: certo alcuni hanno fatto notare che la notizia racconta solo una parte della verità, ma è indubbio che ormai il social networking sia una delle principali attività online e che Facebook per molti sia diventato sinonimo dell’interno web.
Questo fenomeno ovviamente interessa molto anche alle aziende che cercano di utilizzare Facebook come piattaforma di relazione e/o comunicazione: se infatti vi sono già meccanismi abbastanza consolidati per il posizionamento su Google, in termini di search engine marketing, per riuscire ad avere visibilità nei profili degli utenti occorre che questi ultimi compino direttamente un’azione per aprire la porta della loro casa, in cui si ritrovano con gli amici.
Alcuni esempi interessanti in questo senso sono legati ai games.
Il primo è Prototype, un action-adventure dell’Activision, uscito da noi lo scorso giugno. Andando sul sito del gioco e utilizzando Facebook Connect si ha una piacevole sorpresa: tra le proprie foto caricate online, ne vengono scelte casualmente alcune che poi sono inserite nel trailer del gioco. Nel trailer personalizzato vengono utilizzate anche le informazioni personali che si sono rese pubbliche su Facebook, aumentando la sensazione di essere veramente parte della storia. Inoltre alcune persone presenti nelle nostre foto vengono praticamente cancellate, coerentemente con la trama di Prototype: il gioco si svolge infatti in una New York infestata da un’epidemia che trasforma le persone in mostri.
Per esempio nel mio caso tra le foto selezionate ce ne è una buffa in cui mimo una scena dell’orrore con una ex-collega (non so se si tratti di fortuna o abilità) e hanno cancellato la faccia di una mia amica mentre ci atteggiamo come i ragazzi di Glee. C’è qualcosa di Scary Movie in tutto questo.
Ovviamente alla fine viene fornita l’opportunità di mostrare ai propri contatti questo video, e trattandosi non di una forma di pubblicità ma di un contenuto di entertainment dove le persone vengono messe al centro dell’azione e dell’attenzione, diventa uno stimolo mostrarlo ai propri contatti ed entrare quindi a fare parte della campagna.
Il secondo esempio è legato al film Tron: Legacy, che racconta la storia di Sam Flynn impegnato nelle indagini sulla scomparsa del padre Kevin, ex dipendente della ENCOM, società per la quale realizzava video games. Trattandosi del seguito di un famoso film degli anni ’80 che ha dato vita anche ad alcuni video game, insomma un classico per nerd di diverse generazioni, gli autori hanno dato vita a un viral game, ovvero una sorta di ricerca di Kevin online basata su tracce e indizi che vengono dati a poco a poco sul sito. Questa operazione ricorderà a molti l’ARG ideato per The Dark Knight.
I progressi nella ricerca del personaggio scomparso possono essere mostrati ai propri amici sempre via Facebook Connect. Personalmente sarei stato fiero di riuscire a risolvere un “livello” tanto bello quanto frustrante (per chi non ci riesce): aggirarsi per una grande città di pixel e riconoscere i 56 video games che si incontrano nel percorso. I vincitori vengono assunti alla ENCOM e ricevono un badge per partecipare a una festa a San Francisco. Come lo so? Perchè qualcuno ce l’ha fatta e giustamente se ne vanta.
L’ultimo caso che mi ha colpito viene invece da Israele e a differenza degli altri non parte da un gioco per arrivare a Facebook, ma usa un gioco di Facebook per portare al prodotto. Si tratta di una campagna per lanciare la variante alle noccioline di uno snack al cioccolato, tale Elite Taami Nutz: Zynga, i creatori del fenomeno Farmville, renderanno disponibile dal 14 aprile il primo raccolto sponsorizzato, proprio quello di noccioline, che finora mancava nel gioco. Oltre ai semi ci sarà anche una sfida in cui si chiederà ai farmer di usare creativamente il raccolto all’interno della propria fattoria.
Per chi fossi interessato, Mashable ha pubblicato anche i prezzi dei semi: costano 20 crediti, si vendono per 78 crediti e il raccolto viene ottenuto in 16 ore.
In sintesi, questi tre esempi mostrano a mio avviso tre vie per essere visibili su Facebook:
utilizzare il materiale già caricato e generato su Facebook in maniera ludica e personalizzata
creare dei livelli di sfide progressivi e fornire badge da mostrare
inserirsi in modo coerente e costruttivo in un contesto già affermato aggiungendo nuove feature
Il ruolo che occupa il gioco nella vita dell’uomo è un tema su cui non si riflette abbastanza. In realtà avere una risposta a questo interrogativo permette di sgombrare il campo da tante inesattezze e pregiudizi che spesso si leggono quando si va a parlare di giochi (che siano “video-” o no).
Per questo ho trovato molto interessante il libro “Oasi del gioco“, scritto da un filosofo tedesco, Eugen Fink, nel 1957.
Prima di tutto Fink ci invita a riflettere sui momenti chiave dell’esistenza di ognuno: “l’uomo è essenzialmente un mortale, un lavoratore, un lottatore, un amante e un giocatore“. La nostra esistenza è infatti determinata dalla consapevolezza di dovere morire (toccate ferro, se volete), ed il gioco è uno degli ambiti base attraverso cui l’uomo vive e si contrappone al suo destino: “il carattere del gioco è l’azione spontanea, il fare attivo, l’impulso vitale: il gioco è l’esistenza che si muove da sé“.
Eppure c’è un tratto fondamentale che differenzia il gioco dagli altri impulsi vitali. L’uomo vive sempre anticipando il futuro, intendendo il presente come una preparazione di ciò che sarà, un passaggio in un cammino di cui si guarda sempre la destinazione, per capire il senso della nostra permanenza nel mondo. Il gioco si distingue perché è l’unica attività fondamentale a cui manca questa caratteristica di “futurismo”: noi non giochiamo in vista di uno scopo finale futuro, non ci proiettiamo nel tempo a venire, ma lo facciamo per godere di un’oasi di presente, con un senso tutto suo e autonomo rispetto al resto delle attività. “Il gioco ci rapisce“.
Questo passo è fondamentale per capire che contrariamente a quanto si pensa spesso sul gioco, e ancora di più sul videogioco, questo non è affatto privo di senso: l’errore nasce dal fatto che tutte le attività umane sono rivolte allo scopo finale, mentre “l’azione del gioco ha scopi interni a sé, che non rimandano ad altro. […] Proprio il senso conchiuso e circolare del gioco fa emergere una possibilità di soggiornare dell’uomo nel tempo, un istante, un lampo di eternità“. In sintesi, il gioco regala il presente e questo dovrebbe fare capire quanto sia insensato organizzare gruppi per buttare i giochi nei cestini: forse queste persone dovrebbero curarsi l’ansia del futuro
L’invito di Finck è di non contrapporre il gioco al lavoro, all’amore, addirittura alla realtà, perché questo sgnificherebbe non capirlo: è un’attività fondamentale dell’esistenza, e proprio il fatto di non essere direzionato verso il futuro gli permette di rappresentare tutte le altre attività: possiamo giocare con il lavoro, con l’amore, con la morte, e, forse in modo ancora più sorprendente, possiamo giocare con il gioco.
“Il mondo del gioco è una sfera che affascina, seduce, libera dai vincoli e temporaneamente ci trasforma. Anche se poi abitualmente nelle attività serie si fa resistenza al comportamento giocoso, e spesso viene ignorato il giocare con il lavoro, così come viene ignorato molto dell’elemento giocoso che si sviluppa nella vita cosiddetta seria della professione (ma anche della relazione tra sessi). E si ignora che i giochi dell’uomo preferiscono come loro contenuto tematico proprio le grandi storie tragico destinali, si ignora che noi giochiamo con la strenua fatica del lavoro, con il furore esaltato della lotta, con il trauma di Elettra, con lo sposalizio dei giovani amanti, e a volte perfino giochiamo con la mancanza di serietà del gioco stesso, la ripetiamo, giocando la mettiamo in scena“.
Ho già parlato in un post precedente del ruolo che possono avere i videogame nella promozione di prodotti dell’entertainment (che emozione, mi autocito), ed un nuovo caso interessante di uso dei meccanismi ludici viene ancora dalla musica, forse uno dei settori che sta subendo più cambiamenti negli ultimi anni e che quindi è più a caccia di nuove soluzioni.
Stavo casualmente cercando una canzone di Lady Gaga (ok, lo ammetto, Poker Face mi si è piantata in testa e la sento ovunque) e mi sono rivolto a Youtube, la mia principale fonte di musica online. Sul canale della cantante non solo ho trovato varie canzoni, ma anche un game legato a un video musicale!
Durante il video, segnalato anche da un countdown, compare un quiz a risposta multipla che si può risolvere solo se si sta effettivamente seguendo la clip. Occorre tenere gli occhi bene aperti, per risolvere i diversi livelli (ben 15) ed arrivare al meritato finale: giocando si scopre che l’iniziativa non riguarda solo Lady Gaga, ma anche altri artisti come gli Yeah Yeah Yeah (e qui non posso non linkare un’altra canzone che adoro).
Qualcuno pensa che i video siano tenuti come sottofondo mentre si fa altro? sbagliato: il meccanismo del gioco ci spinge a prestare massima attenzione al contenuto, con tutti i sensi possibili, e, perchè no, anche alla pubblicità che a quel contenuto è legata. “Don’t miss a beat“, come dicono gli autori (Universal Music) del gioco.
Tempo fa mi era capitato di trovare anche altri tentativi/esempi di game via Youtube, segno che qualcosa di interessante si sta muovendo anche sulle piattaforme di socialmedia: qualcuno di voi conosce qualche caso da segnalarmi?
Qualche tempo fa ho letto un bell’articolo su Springwise (i trendsetter che fanno capo a trendwatching) che mi ha fatto riflettere sull’uso di meccanismi del gaming in chiave no-profit.
Penso infatti che il no-profit sia tra i settori che più possono trarre vantaggio dall’evoluzione dei media digitali, sia in termini di costi, sia in termini di viralità del messaggio: ci si sente più buoni e quindi più propensi a diffondere un messaggio con un valore e che ci mette in luce positiva agli occhi degli altri.
Forse è su questo insight che hanno deciso di fare leva gli autori di Akoha “Play it Forward”, un game che utilizza web, mobile, ma anche la realtà che ci circonda per mostrare che forse il gioco può rendere il mondo un posto migliore.
Chi gioca ad Akoha deve infatti compiere delle missioni di gentilezza nei confronti degli altri, secondo quanto indicato dalle carte del gioco (in vendita online dai 5 ai 15 dollari). Tra gli esempi citati da Springiwise ci sono “give someone a book” e “donate an hour of your time“. Io avrei più problemi col primo obiettivo, dato che sono molto geloso dei miei libri
Ogni volta che si raggiunge l’obiettivo, la carta viene passata al beneficiario: quest’ultimo può iscriversi a Akoha, descrivere l’esperienza e portare avanti il gioco, mentre il benefattore guadagna punti (online) e può seguire gli ulteriori sviluppi della sua buona azione attraverso Google Maps.
Una buona azione tira l’altra, dunque, tanto che gli stessi giocatori possono creare delle carte proponendo nuovi comportamenti virtuosi.
Stando sempre a Springwise, da gennaio sono state condotte 2.000 missioni in 33 paesi e il 60% delle persone si è iscritto al gioco dopo avere ricevuto una carta da qualcun altro. Una volta che saranno compiute 25.000 missioni Akoha sponsorizzerà la costruzione di una biblioteca in Nepal.
Credo che la possibilità di integrare gioco online e offline sia una killer application per il successo di iniziative legate al no-profit che hanno bisogno di un contatto diretto e tangibile con la realtà, di essere immediatamente vicine alle persone per guadagnarsi la loro fiducia.
Sul sito ufficiale è possibile dunque unirsi alla missione comprando lo starter kit, ma io so che Kurai ha delle carte, per cui aspetto di incontrarlo e di farmi coinvolgere nel gioco da lui attraverso una buona azione.
Ultimamente mi sono imbattuto in due interessanti casi di uso di videogame online per il lancio di prodotti di entertainment.
Il film Watchmen e l’ultimo album di Lily Allen, entrambi con un ottimo potenziale di interesse verso teenagers e giovani adulti, hanno cercato di coinvolgere il proprio pubblico con iniziative di comunicazione ad alto tasso di intrattenimento e interattività.
Vediamo di cosa si tratta. Watchmen, adattamento cinematografico dei fumetti di Alan Moore, è una storia ambientata negli anni ’80, gli anni di Nixon, ma anche dei coin-op delle sale giochi e dei giochi a scorrimento. E il game creato per Watchmen richiama proprio un picchiaduro a scorrimento, come poteva essere Golden Axe (1989), un bel modo sia per coinvolgere i giovani gamer, sia per fare leva su gamer più adulti e nostalgici: i retro-games possono piacere a generazioni diverse per differenti motivazioni.
Ovviamente, e per fortuna, esistono già delle versioni più ludiche che fanno il verso al gioco. Interessante è anche il fatto che la Warner Bros Interactive distribuirà il gioco tratto dal film (un prequel della storia) attraverso Xbox Live, PlayStation Network e online per PC sotto forma di singoli episodi da scaricare (tipo Sam&Max).
Nel caso di Lily Allenil gioco, un platform dal titolo “Escare the Fear”, diventa il modo per fare ascoltare la musica online dell’ultimo album “The Fear”: l’obiettivo è aiutare la giovane cantante attraverso 10 livelli a superare la paura per realizzare i suoi sogni di star musicale.
Un aspetto interessante di questa iniziativa è l’esportabilità del gioco, che guadagna visibilità non solo sul sito ufficiale dell’artista, ma anche in diversi blog, sulle pagine di myspace, sui siti di gaming online. E quindi anche sul mio blog
Un paio di considerazioni finali su queste due iniziative che mi hanno molto divertito:
– il gaming può assumere un ruolo sempre più importante nell’industria dell’entertainment: i tie-in game (giochi tratti da film, ad esempio) sono tra i maggiori successi nel nostro paese; gli stessi personaggi dei games possono divenire protagonisti di film; i games possono infine essere usati come strumento di comunicazione per gli altri prodotti dell’entertainment
– non occorre per forza investire in piattaforme di gioco complicate e dispendiose: i videogame hanno già una storia abbastanza lunga alle spalle per cui l’effetto revival può affascinare molti giocatori o ex-giocatori a cui ancora prudono le mani appena vedono una console!