Stanchi dei soliti addobbi? Indecisi tra le decorazioni blu e argento o rosso e oro? Annoiati dai Babbo Natale impiccati ai balconi e stritolati dalle loro scalette?
Bene, potete sempre trasformare il vostro cortile con Christmas Light Hero come ha fatto Ric Turner. Basta avere una chitarra Wireless della Wii e 7 light controllers realizzati da Light-O-Rama. E non dimenticatevi di leggere con attenzione le istruzioni dell’ideatore e di procurarvi una buona assicurazione.
Dopo di che potete anche sostituire la tombola condominiale invitando i vicini a giocare e sfidandoli a battere il vostro punteggio.
Auguri a tutti i giocatori
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Per scrivere questo post prenderò spunto da due fattori: la mia passione per le serie tv, che fa sì che io passi metà del tempo libero a guardare serie in inglese e l’altra metà a scaricarle, e i post della mia amica LaFra sui trend della comunicazione secondo lei.
Come è stato detto più volte, sia qui sia altrove, uno degli ostacoli alla legittimazione dei videogame nell’ambito dell’entertainment o addirittura degli strumenti educational è dato dai pregiudizi sulla loro nocività individuale e sociale. Non mi risulta infatti che libri, musica o film siano ancora oggetto di ricerche per stabilire se fanno bene o se all’opposto sono deleteri. E pensare che ormai esistono giochi di puro intrattenimento, giochi pensati per l’interazione di gruppo, giochi politici, a sfondo sociale, culturale: anzi, se qualcuno ha esempi da segnalare, qui è sempre benvenuto!
Dato che appunto non è una questione di prodotto, ma di percepito, credo che proprio la comunicazione abbia un ruolo fondamentale nel modificare questa immagine. Forse non è più il momento per gli spot ad alto grado di provocazione, che diventano cult proprio perchè banditi, ma occorre trovare nuove modalità di comunicazione che tengano conto dei gusti e delle barriere mentali di un target allargato.
Come sempre in questo ambito è arrivata prima la Nintendo, con il suo celebre product placement nella notte degli Oscar: al ritorno da un’interruzione pubblicitaria il conduttore e un’assistente hanno fatto finta di essere sorpresi mentre giocavano a tennis con la Wii, con grande divertimento del pubblico in sala. Da notare che la Nintendo è riuscita a inserirsi fuori dal “break pubblicitario” (quando le audience calano) e ha comunicato a tutto il mondo sintonizzato sugli Oscar “cool people play videogames”.
Recentemente ho trovato altri due casi di product placement ed entrambi riguardano due serie televisive, che, come ci insegna LaFra, devono ormai essere considerate dei veri e propri brand e non solo dei prodotti d’intrattenimento.
Il primo riguarda la serie tv per teenager “Gossip Girl“, un successo negli USA (non molto nel nostro paese) che racconta “the scandalous lives of Manhattan’s elite”: i protagonisti sono belli, ricchissimi, di successo, trend setter, totalmente upper east side, tanto che per loro andare a Brooklyn è come andare nel terzo mondo. Una serie che intende dettare tendenze e infatti i suoi attori/personaggi vengono usati come testimonial di campagne pubblicitarie (Nikon), o per interessanti casi di viral come quello di Nike segnalato anche da womarketing.
Bene, durante un’esclusiva festa di compleanno, la più ambita ragazza di Manhattan sfida e batte la sua rivale a Guitar Hero (forse il re dei casual games): ho tagliato la puntata con iMovie e ho caricato il video qui.
L’altro esempio viene da “True Blood”, serie tv del celebre Alan Ball, ambientata in una New Orleans popolata da serial killer, vampiri, sensitivi e compagnia bella. Non esprimerò giudizi sulla serie, ma la sua sigla è secondo me un capolavoro assoluto e mi ha già creato dipendenza.
Ecco, in questo caso quando il boss dei vampiri va in casa dell’affascinante vampiro di cui si innamora la protagonista, lo trova intento a giocare a Wii Sport, e mentre lui lo interroga sulle sue intenzioni verso la ragazza, un suo assistente gli chiede “what’s your game? You’re playing Wii, what’s your game?”, e l’altro “Golf”, “What’s your best score on Pebble Beach?”, “Seven Under”, “Mine’s 11 under”. Quindi in un momento di grande tensione viene citato un brand (Wii), un prodotto (Wii Sport), e addirittura un sotto-prodotto (Pebble Beach nel Golf).
Perchè questi casi mi sembrano interessanti?
- perchè permettono di intercettare un target allargato con comunicazioni non immediatamente percepite come pubblicitarie, quindi forse più efficaci
- perchè si mostra il prodotto in uso, fattore molto importante nei confronti di persone che non hanno mai giocato
- perchè diffondono un’immagine trendy dei casual games grazie all’associazione con brand cool come le serie tv
Anni fa avremo forse visto una pubblicità in cui, grazie alla passione per il gaming, tutti diventavano vampiri in un grande e un po’ inquietante gioco collettivo, ora vediamo un vampiro sexy, che vuole integrarsi nella nostra società, passare le sue serate davanti alla Wii.
E secondo me è la strada giusta, secondo voi?
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