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Elenco di cose imparate alle Faroe

§ agosto 30th, 2011 § Filed under Viaggi § Tagged , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , § 16 Comments

[Disclaimer: la passione per gli elenchi mi è venuta leggendo tempo fa il bellissimo libro di Erland Loe “Naif.Super” e mi sembra il caso di rispolverarla in seguito a un viaggio in alcuni paesi Scandinavi. In realtà ho scoperto sull’ottima free press islandese “The Reykjavik Grapevine” che c’è tutto un dibattito in corso se Islanda e Fær Øer facciano o no parte della Scandinavia, con un simpatico elenco di supporti e negazioni che sono certo piacerebbe a Loe].

Onestamente non avevo una chiara idea di dove e cosa fossero le Isole Faroe: possedevo solo un ricordo dall’atlante che me le metteva bene a nord e bene in mezzo a niente, e una recente notorietà per una partita di calcio.

Come a volte succede negli incontri fortunati con gli estranei, mi hanno sedotto e insegnato alcune cose che vorrei conservare:

  • Bisogna sapere cambiare idea per scoprire qualcosa di nuovo

Ci siamo trovati al porto di Klaksvik con qualche ora di attesa per prendere un traghetto e abbiamo chiesto informazioni per visitare Mykines il giorno dopo. Alle Faroe, dove il concetto di isola viene inteso nella sua purezza, ogni ufficio informazioni pare conoscere solo la propria zona e vive l’isolotto accanto come una meta esotica. Le varie chiamate ci hanno portato a scoprire che esistono solo due barche per andare e due per tornare, che non c’era più alcun posto per l’indomani, e che in giornata c’erano posti solo per andare, ma non per tornare. Poche cose accendono il desiderio quanto la scarsità e l’impedimento, per cui abbiamo capito che volevamo assolutamente andare a Mykines. Altro giro di chiamate e abbiamo scoperto che non era più possibile nemmeno dormire sull’isola, a meno che, ci informa la gentile signorina, non siamo disposti ad alloggiare in una unfinished house (sic) di un suo conoscente. Scusi, possiamo richiamarla tra qualche minuto? In quei minuti cinque persone si sono messe a disegnare sul cruscotto dell’auto uno scenario di unfinishness per capire se andare o no: il tetto è importante, il bagno pure, i materassi già meno, il resto non conta. Ci risponde che roof yes, wc yes, mattress on the floor. Allora cambiamo programma, rimandiamo il traghetto, rinunciamo alla notte già pagata, torniamo sui nostri passi, rifacciamo lo zaino, ci imbarchiamo da un diverso porto e scopriamo un’isola meravigliosa, con le nuvole che finalmente si aprono e il sole che ci mostra il mare, le rocce, i prati, gli animali, il faro, l’orizzonte.

  

  • A volte basta voltare angolo per trovare ciò che si cerca

A Mykines per imboccare la strada verso il faro occorre fare subito una grande salita, di quelle che sogni da piccolo con la neve se hai un bob o anche solo un sacchetto della spazzatura. Una volta messo in chiaro che per arrivare in fondo occorre sgobbare, si alternano tratti pianeggianti, scale e rocce a strapiombo sul nulla. Proprio ammirando il mare che batte la pietra che gli resiste, abbiamo avvistato le prime pulcinelle di mare, piccole e un po’ nascoste: è un’emozione inaspettata quando ti trovi davanti una nuova forma di vita per la prima volta e ti rendi conto di quanto noi siamo solo un esempio (ingombrante) di una varietà infinita. [Questo discorso non vale per tutta la varietà di blatte milanesi che non sono curioso di incontrare dal vivo]. Iniziamo a scrutarli da lontano, i fotografi si passano il tele, gli altri dicono che belli che sono, sommando l’immagine un po’ distante del presente alle fotografie viste prima di partire e si resta così, con i piedi ancorati all’erba e la faccia nel vuoto, a pensare ecco oggi è il giorno in cui ho visto una pulcinella di mare. Poi si cammina ancora un po’ e si volta un angolo. Lì, in un prato verdissimo, con una leggera pendenza come un trampolino appena usato, ci sono centinaia di pulcinelle che planano, atterrano, si guardano in giro. Gli cammini accanto, ti fermi tutto il tempo che vuoi e pensi ecco oggi è il giorno in cui ho camminato in mezzo a centinaia di animali che fino a ieri non avevo mai visto e che in realtà non si stavano nascondendo, si erano solo accomodati da un’altra parte.

  

  • Essere disposti a non avere il controllo aiuta a rilassarsi

Ormai ho imparato a giocare a tetris con il tempo. Posso segnarmi gli appuntamenti sulla posta elettronica e accedervi ovunque, posso farmi avvertire delle scadenze e di quello che devo fare, posso incastrare in un foglio online gli impegni miei e dei miei amici. Finisco per pensare che il tempo sia mio più di quanto sia viceversa. Poi arrivo alle Faroe e scopro che forse atterreremo, oppure no, e la cosa non è così improbabile e in tal caso andremo via nell’aeroporto più vicino, che non è nemmeno quello da cui siamo partiti, ma è in Scozia o in Norvegia: in cabina di pilotaggio fanno pari o dispari? Poi arrivo a Mykines e scopro che oggi la nave è riuscita ad attraccare, ma forse domani no, forse si resta lì, per un po’ di ore, per un giorno, per più giorni: tu lo sai dire quanto ci mette il mare a piegarsi ai nostri desideri? Devi sapere aspettare che si riparta e non prendere troppi impegni. Alla fine quando si arriva nell’unico “ristorante” e si chiede una cena per cinque e in tutta risposta la proprietaria, cuoca e cameriera apre il frigo e controlla quanti hamburger ha, non ti sorprendi nemmeno tanto e pensi che chi ha detto che volere è potere era probabilmente più un capriccioso che un saggio.

  

  • Dare fiducia degli estranei e ai marinai ti porterà lontano

Arrivi in aeroporto e cerchi la persona che immagini dovrà darti le chiavi dell’auto, ti chiama e passo a passo ti guida fuori dall’aeroporto, verso il parcheggio, verso una fila precisa, verso un’auto e dice ecco, aprila, le chiavi sono dentro, buona vacanza. Del resto, quando riconsegni l’auto, una esile ragazza ti chiede quante volte hai attraversato i tunnel a pagamento, tu rifletti, dici la cifra e lei dice quanto devi pagare: la soddisfazione non è risparmiare dei soldi, ma capire che la regola è fidarsi degli estranei. Ecco perché impari a entrare nelle case dove vedi la porta aperta per chiedere dove inizia il sentiero, o quando si avvicina un vecchio marinaio dagli occhi ancora vispi e che dell’Italia conosce Civitavecchia, gli dici marinaio, tu adesso dove andresti con questo sole splendido? E ti dirigi dove va lui a vedere il tramonto e resteresti lì per ore, ma tanto il sole sembra d’accordo, perché si sdraia incollato all’orizzonte finché gli va. Il marinaio lo aveva detto con orgoglio che quello era il suo posto preferito e che ha girato tanto ma sempre lì torna. La guida invece non diceva niente.

  

  • E se la morte può fare un po’ meno paura, allora davvero non so

Non so se mi angoscia di più la morte o i cimiteri, diciamo che già mi costa fatica scrivere entrambe le parole. Ogni volta che qui trovi un paese noti che le case si sparpagliano liberamente, come coriandoli gettati su un prato. Nessuna però si merita l’ultimo posto, quello più in basso, quello con la vista mare ininterrotta. Lì c’è la chiesa, ma anzi no, nemmeno la chiesa è l’ultima, perché dopo la chiesa c’è il cimitero ed è quello il punto più bello, accanto a cui ti viene voglia di sostare. Sarà anche che le croci sono sparpagliate come le case, come se ognuno volesse godere di una propria vista personale, anche a costo di stare un po’ storto. Non posso dire che sarei felice dell’idea di essere seppellito qui, perché sono un codardo che crede di non temere solo la vita eterna, ma penso che, se fossi seppellito qui, chi c’è ancora sarebbe meno triste a fermarsi e a passare un po’ di tempo accanto a me.

  

Per chi volesse una descrizione più dettagliata del viaggio, con spostamenti, passeggiate, nomi delle isole e dei luoghi che abbiamo visto, ho condiviso una mappa su GoogleMaps.


View Milano – Berlino – Copenaghen – Isole Faroe in a larger map

 

Quasi tutte le foto sono di Ishmael78