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Le nuove piattaforme tecnologiche (smartphone) e di relazione (social-network) continuano a dare nuova linfa vitale al settore dei games. I numeri parlano da soli: Angry Birds è stata scaricata 30 milioni di volte su diversi supporti (iphone, android, etc.), mentre Cityville, l’ultimo prodotto di casa Zynga, ha già toccato gli 84 milioni di utenti unici mensili, superando così il cuginetto Farmville.
Insomma, le persone giocano ovunque e in ogni momento della giornata, al di là del famoso couch in cui sarebbero per definizione inchiodati i giocatori
Questi successi non ci devono fare dimenticare che per le software house non è ancora automatico trovare dei modelli di business che traducano il successo di pubblico in profitto, ricompensando così gli sforzi creativi, produttivi e distributivi che stanno dietro tali prodotti.
Abbiamo già parlato della possibilità di utilizzare i games su Facebook per iniziative simile al product placement (del resto i numeri di Facebook sono ormai paragonabili a quelli di un canale tv), come è successo nel caso di McDonald o di Elite Taami Nutz.
Bene, recentemente è stato Mafia Wars a essere utilizzato quasi come un broadcaster per diffondere il nuovo video di Dr Dee, Kush, primo singolo dopo una decina d’anni di inattività del rapper. Il video è solo uno dei contenuti che sono disponibili attraverso il gioco: vi è anche la possibilità di vincere una copia esclusiva del cd autografata e oggetti virtuali come cuffie, auto d’epoca o addirittura armi.
Molto interessante è anche la notizia che il gioco avrà un adattamento cinematografico nel 2012.

Proprio la possibilità di creare tutta una filiera di prodotti di entertainment, e quindi di trasformare il casual games in vero brand ci porta al caso di Angry Birds. Questo celebre passatempo in cui si lanciano uccellini di vario tipo contro beffardi maialini (è giusto ricordare di cosa stiamo parlando esattamente) è a pagamento sulle piattaforme Apple, mentre è supportato dalla pubblicità su Android: gli sviluppatori della software Rovio dichiarano di potere guadagnare 1milione di dollari dalla versione del gioco con adv. Ad aggiungere un altro anello a questa catena del valore ha pensato la Mattel che metterà sul mercato il gioco in scatola degli uccellini arrabbiati il prossimo maggio, riproducendo le caratteristiche del gioco digitale: si pesca una carta che mostra una struttura da costruire e gli avversari hanno il compito di distruggerla con una catapulta.
Casi fortunati, certo, ma che forse indicano alcune strade da percorrere agli sviluppatori e agli inserzionisti.

Non giochiamo per fare vedere quanto siamo bravi, ma per fare vedere che non siamo così scarsi.
Questo è più o meno quanto ha affermato a proposito di Farmville Brian Reynolds, chief game designer del celebre social games di Zynga, durante il Dice Summit. Reynolds in modo provocatorio ha voluto ribaltare un assunto strettamente legato al gioco: giochiamo per divertirci e più ci divertiamo più continuiamo a giocare.
Niente affatto, quando parliamo di social game, game non è uguale a fun, bensì a embarassement. E lo sostiene uno che ha capito come fare giocare 87milioni di persone (più degli utenti mondiali di Twitter, per intenderci), non una volta, ma nei mesi, e non sono una console, ma su un social-network.
“If I don’t come back, not only do I lose my investment of my time and my gold, but I’m shamed. I look bad in front of my friends when they come to visit my farm… We’re social animals and we don’t want to be shamed in front of our friends”, come riporta Kotaku.
Per capire la sua affermazione proviamo a pensare alle scuole superiori: non tutti hanno avuto la fortuna di essere già popolari, sicuri di sé e capitani della squadra di calcio, la maggior parte di noi si è dovuta arrabattare tra fisici gracili, acne e insuccesso con l’altro sesso. Ecco, secondo Reynolds, una sensazione simile è ancora possibile su Facebook – che non ha caso è nato proprio per tenere i contatti con i compagni di scuola e dove, volenti e nolenti, a tutti sarà arrivata la proposta di una rimpatriata.
Se in casa nostra, con la nostra console possiamo fallire la pista arcobaleno di Mario Kart o continuare a fare mille volte lo stesso errore per finire un puzzle di Braid e nessuno ci può giudicare, Facebook è proprio il luogo online in cui per eccellenza siamo noi stessi, non con un nick ma con un nome e un cognome, con il nostro compleanno, le nostre foto e i like alle cose che ci piacciono, e questa nostra identità online è sotto gli occhi di tutti e ci rappresenta: quindi, chi vuole essere rappresentato da un campo di patate mal coltivato, pieno di erbacce? Forse dedicarsi al raccolto non è così divertente, ma certo mostrare a tutti di non sapere gestire il proprio terreno equivale a inciampare e cadere davanti ai compagni durante la partita di basket a educazione fisica.
Ci si impegna a Farmville soprattutto per evitare l’imbarazzo che può rendere così forte solo un contesto social in cui ci mettiamo la faccia: quando parliamo di social game, “social comes first”.
In definitiva, speriamo che tutti passino sul nostro profilo a vedere quanto è bello il nostro orto per scacciare l’incubo di quei momenti in cui non si veniva invitati alle feste o si finiva vittima del lancio della coca-cola come in Glee:
http://www.youtube.com/watch?v=Zc03jGtOh9I&NR=1
Questo post è pubblicato anche su Invaders Den, uno spazio online in cui riflettere sul panorama ludico, il linguaggio dei giochi e altro ancora.
Chi non ha mai provato almeno una volta a giocare su Facebook? Citando i più famosi e diffusi, probabilmente vi siete impegnati con Word Challenge, Geo Challenge, Pet Society, FarmVille: se siete curiosi qui trovate una serie di dati giochi più diffusi sulla “console” di Zuckerman. Io confesso di avere avuto un infiammazione alla spalla a forza di anagrammare parole con word challenge per battere i miei contatti Facebook: posso sopportare di essere scarso quando sono solo con la mia console, ma non davanti agli amici. Gli amici vanno pubblicamente battuti, si sa. Tra l’altro la nuova homepage di Facebook rende più evidenti i nuovi giochi disponibili e quelli a cui stanno giocando gli altri.
Il potenziale di diffusione e crescita di questi games è testimoniato anche dall’acquisto di Playfish (autrice di Restaurant City per citarne uno) da parte dell’Electronic Arts. Fin qui però il modello di business di questi games è essenzialmente legato all’advertising che può essere inserito a fine gioco, anche se non so quanto sia stato sfruttato e con quali risultati.
Due recenti casi possono però aprire la strada verso nuove direzioni.
Il primo è uno stimolo della Coldiretti che durante un incontro promosso dai giovani imprenditori ha sottolineato un possibile legame tra il successo di FarmVille e l’aumento di interesse verso la coltivazione diretta. Sempre più giovani e professionisti si stanno appassionando alla coltivazione e gestione di un pezzo di terra (che, come ci ricorda Rossella O’Hara, è sempre una garanzia) attraverso il gioco su Facebook e sono in crescita anche coloro che si danno all’agricoltuta come hobby. Alla coltivazione segue poi, nella maggior parte dei casi, la trasformazione dei prodotti in marmellate, olio, vino, etc… Con questo non si vuole dire che chi gioca a FarmVille vuole necessariamente coltivare della terra vera, ma piuttosto che questi giochi potrebbero rappresentare dei touch point non solo per intercettare generici giocatori, ma per seguire interessi specifici legati al tema del gioco, magari attraverso forme di keyword advertising o sponsorizzazioni.
Il secondo caso viene sempre da FarmVille e riguarda il terribile terremoto che ha colpito Haiti il mese scorso. Zynga, la software house che realizza il gioco, ha realizzato una raccolta fondi facendo acquistare beni virtuali ai giocatori durante il gioco e devolvendo il ricavato allo U.N’s World Food Programme. Come si vede nell’immagine qui accanto la donazione era perfettamente integrata nel gioco e consentiva tra l’altro dei benefit effettivi al giocatore (per esempio aumentare i proprio soldi virtuali).
Zynga ha dichiarato di avere raccolto in 5 giorni 1 milione e mezzo di dollari, che FarmVille da solo ha raggiunto 1 milione e che hanno donato 300.000 giocatori di 47 paesi diversi, come ho già scritto qui.
Certamente l’impatto emozionale del terremoto e il coinvolgimento di una causa no-profit sono due fattori fondamentali del successo dell’iniziativa, ma mostrano anche nuove opportunità di business per le aziende qualora vengano rispettate e anzi valorizzate le dinamiche di gioco.